Ornella Tarantola: The Italian Bookshop

1795867_10152338001317700_800841345_oNome: Ornella Tarantola

Età: 57

Italiana di: Brescia

Professione: libraia presso The Italian Bookshop

Formazione professionale: nessuna, se non sul campo, avendo una famiglia di librai alle spalle. Ho iniziato a otto anni.

Da quanto tempo vivi a Londra? Vent’anni.

Perché proprio Londra? Perché vent’anni fa una mia amica, che gestiva The Italian Bookshop ,mi aveva chiesto di aiutarla durante un’estate. Io allora lavoravo in una casa editrice, accettai e poi l’estate si è trasformata in vent’anni.

Quali sono gli aspetti positivi e i punti di forza di Londra, che ti hanno fatto capire che era la scelta giusta per te? Londra è una città dove incredibilmente mi sento sempre giovane. Io sono arrivata a Londra vecchia e sono tornata giovane, non sono più invecchiata.

Che esperienze lavorative hai avuto in Italia? Qualche casa editrice, ma anche in Italia ho lavorato soprattutto in libreria, perché avevo nonni e zii che ci lavoravano, il cognome Tarantola in Italia è collegato al mondo dell’editoria da molto tempo.

Che differenze hai trovato tra questo lavoro in Italia e in Inghilterra? Io in Italia lavoravo in un contesto familiare, e quando sono arrivata qui The Italian Bookshop è stato molto di più di una famiglia per me. Grandi differenze lavorative non ne ho trovate, io sono un po’ una sgobbona, per cui sgobbavo prima e sgobbo anche adesso!

Quando ti sei trasferita che tipo di aspettative avevi? Io, a dir la verità, non avevo nessun tipo di aspettativa. Ero qui per un periodo e poi è nato quest’amore fulminante per la città che è diventata un po’ il mio fidanzato.

Che conoscenza avevi dell’inglese al tuo arrivo? Poca. Ho imparato parlando, pur non avendolo mai studiato. Può esserci qualche sgrammaticatura ogni tanto, ma mi esprimo tranquillamente, leggo tantissimo in inglese, per cui è diventata una lingua che padroneggio.

In che consiste il tuo lavoro? Il lavoro del libraio consiste nel cercare di vendere più libri possibili, cosa che sta diventando sempre più difficile. E’ un lavoro che è destinato a scomparire, saremo seppelliti dall’online. Le persone comprano sempre di più i propri libri fuori dalla libreria. La sfida è riuscire a capire cosa vuole leggere la gente, riuscire a consigliare, ma ormai mi sembra di parlare un po’ di un mondo della preistoria, siamo sempre più di corsa e l’online permette di risparmiare. Mentre prima quello del libraio era un mestiere che ti faceva vivere, oggi si prova gioia nel vedere che ci sono ancora persone che vengono in libreria perché non possono fare a meno dell’esperienza.

Ho visto che avete una selezione di narrativa molto particolare. Come avviene la scelta? Guarda, noi siamo un po’ fortunati, perché siamo fuori dalle catene e da un mercato italiano che impone bene o male dei titoli, perché in Italia, che tu lo voglia o no, prima o poi arriva il rappresentante a farti scegliere.

Noi scegliamo personalmente ed io mi fido delle persone, per cui quando ascolto qualcuno che mi dice di aver letto un libro e lo ha trovato bello io mi fido e lo prendo, anche se a volte non conosco l’autore perché è nuovo o emergente.
Poi chiaramente c’è il nostro gusto, ci sono autori che noi personalmente amiamo, per cui quando esce il libro lo ordiniamo subito. La cosa diversa rispetto alle librerie italiane è che abbiamo la possibilità di dare più spazio agli autori italiani. Ce ne sono di bravissimi che in Italia sono schiacciati, nascosti dalle traduzioni. Noi abbiamo poche traduzioni e quindi la narrativa nostrana si nota di più.

Naturalmente, ed io questo l’ho sempre detto, una libraia è fondamentalmente “una bottegaia”. Noi vendiamo.­­­­­­­­ I libri che si vendono li teniamo, perché ci permettono di tenere quelli che magari non vendono e che per noi è fondamentale ci siano. Ci sono dei titoli di Calvino che sono meno richiesti e che però per me è importante che ci siano e ringrazio autori più venduti come Fabio Volo che mi permettono di tenerli.

Descrivi una giornata tipo. Essendo un negozio non ci sono giornate tipo. Spesso ci sono degli eventi inaspettati che tendono a cambiare completamente la geografia della giornata.

Sicuramente la mattina si apre e si guarda quello che si è venduto il giorno prima per capire se è il caso di ordinarlo nuovamente oppure no.

Il nostro caposaldo, ciò che tiene in vita la libreria, è sicuramente la parte dedicata all’apprendimento della lingua italiana. Si tratta di una sezione che va constantemente monitorata, guardando, studiando, ragionando, cercando di essere sempre aggiornati sulle nuove edizioni. Io come libreria penso di avere una delle più belle sezioni di didattica dell’insegnamento della lingua italiana, tant’è che le case editrici ci chiamano per sapere cosa pensiamo su determinati volumi in uscita. Si rendono conto che oltre ad avere una bella selezione c’è anche una conoscenza grossa.

Certo, quando sono arrivata qui vent’anni fa non avrei mai pensato di diventare l’esperta del congiuntivo, adesso invece mi rendo conto di essere diventata abbastanza esperta di quello che riguarda la didattica.

Che differenza c’è tra gli italiani venuti qui vent’anni fa e gli immigrati di adesso? Gli immigrati di adesso hanno almeno due lauree. Gli immigrati di vent’anni fa me li ricordo erano ragazzi diciottenni che non avevano bene idea del mondo e della vita, arrivavano a Londra così. Chi arriva adesso, invece ha le idee molto più precise. Sa che in Italia non c’è possibilità e tenta qui. Sono disposti a lavorare anche da Caffè Nero piuttosto che in pizzeria, e contemporaneamente fanno un Master.

Come si riflette questa differenza sul pubblico di The Italian bookshop? I lettori sono aumentati molto, è aumentata molto la vendita dei romanzi ed io ho una mia teoria, che può essere più o meno condivisibile, ma credo che per questa nuova tipologia di lettori la libreria faccia casa. Anche alle persone perfettamente integrate qui e che parlano inglese meglio di me, venire in libreria e comprare un libro può dare l’idea di casa. E chi viene con l‘intento di non comprare nulla, poi non resiste e qualcosa sempre finisce con l’acquistarlo…per fortuna!

Cosa consiglieresti ad un italiano che viene a Londra a cercare  lavoro? Le cose importanti sono: curriculum, esperienza e colloquio. Si invia il cv e si viene contattati per un colloquio oppure con una mail che spiega il perché non si è stati selezionati.

Che consiglio daresti ad una persona che vorrebbe aprire una libreria a Londra? Non la aprire. Assolutamente non farlo: hai mal di schiena, ti viene la cervicale…
Scherzi a parte, il mercato del libro è in gravissima difficoltà. Questo a causa di politiche assolutamente stupide da parte di tutti. Ci vengono offerti sconti ridicoli da parte delle case editrici, che poi fanno delle promozioni che ci ammazzano…

Al prodotto libro ormai oggi bisogna aggiungere qualcos’altro. Io se avessi vent’anni e dovessi aprire una libreria la farei un po’ come quella che c’è a Bruxelles, La Piola libri, che oltre alla libreria ha anche un’enoteca. Sicuramente il guadagno che proviene dalla vendita di un bicchiere di vino è molto diverso dalla vendita di un libro e permette, così, di pagare l’elettricità. Perché, diciamo la verità, il problema è che si lavora tanto, ma si fa fatica. Però, si può aprire comunque ed il consiglio che posso dare è di cambiarla un po’, di aggiungere cose.

La cosa che ami di più di Londra: Waterloo Bridge.

La cosa che odi di più di Londra: la folla in metropolitana alle 8 del mattino. Io odio entrare in metropolitana, ma se vivi a Londra non puoi permetterti di non andare in metropolitana.

L’achievement più grosso che puoi dire di aver raggiunto: essere riuscita, con l’aiuto di tante persone, a creare un qualcosa di speciale in questa libreria. Molte delle mie amicizie sono nate perché la libreria è riuscita a creare una famiglia e questa è una cosa grossissima. E le persone che vengono qui, anche se ci passano soltanto cinque minuti sono toccati da questa cosa, da questa atmosfera e dalla senso tangibile di comunità e di famiglia.

Articolo di Angela Tranfa – @mrsdall0way