Angela: insegnante di lingue straniere a Manchester

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Nome: Angela

Età: 30

Italiana di: Lecce

Professione: Insegnante di lingue straniere

Corso di studi: laurea in lingue e letterature straniere (vecchio ordinamento), PhD in letteratura italiana – sospeso,  PGCE (Post Graduate Certificate in Education) Secondary French and Italian.

Da quanto tempo vivi in UK e cosa ti ha spinto a trasferirti qui? Mi sono trasferita nel Regno Unito per tre motivi: lingua, musica e letteratura. Una mia grande passione è sempre stata la lingua inglese. Fin da ragazzina passavo un sacco di tempo ad ascoltare interviste di cantanti inglesi come Take That, Oasis… questo era collegato alla mia passione per la musica in lingua inglese e poi per la letteratura. Il campo letterario in cui mi sono specializzata è infatti Shakespeare.

La prima volta che ho messo piede qui è stato nel 2004 per fare l’Erasmus a Liverpool. In seguito sono tornata nel 2005  per il progetto Leonardo per poi trasferirmi definitivamente a Manchester nel 2007, quando mi sono iscritta all’università per il PhD in letteratura italiana. Volevo insegnare letteratura all’università e intraprendere la carriera  accademica ma poi quando sono entrata a farne parte mi sono resa conto che non era esattamente quello che volevo fare.

Nel mondo accademico devi passare la maggior parte del tuo tempo a fare ricerca, ma la ricerca mi interessava fino ad un certo punto, io volevo insegnare letteratura. Per questo motivo mi sono imbarcata in un progetto comparativo tra la letteratura di genere italiana e inglese. Ma anche in quel caso, non vedevo niente di attivo in quello che facevo e c’era poco contatto umano. Sentivo che volevo insegnare ma piano piano mi sono resa conto che la figura del lecturer qui è abbastanza diversa da quella Italiana. In Italia si è molto concentrati sull’insegnamento, al contrario di qui dove l’insegnamento è quasi una cosa in più, la cosa principale è la ricerca. Inoltre come Italianista è difficile trovare lavoro,  di italiano si studia la lingua, sono poche le università in cui si studia bene anche la letteratura.

Che conoscenza avevi dell’inglese al tuo arrivo? Molto buona, anzi direi proprio ottima. Il problema è stato affrontare l’accento scouse di Liverpool. E’ chiaro che comunque per quanto il mio inglese fosse buono, quando arrivi qui ti rendi conto che ci vuole un pochino di tempo, non è tutto rose e fiori.

Hai trovato subito lavoro nel tuo campo? No, non ho trovato subito lavoro e ne ho avuto sempre più di uno.  Come ho già detto, ho iniziato da studente di PhD – l’iter da seguire per insegnare all’università – e nonostante il mio obiettivo fosse insegnare letteratura, sapevo che bisognava iniziare da poco, da cose piccole. Così, dopo aver lottato abbastanza (l’università in cui facevo il PhD aveva un dipartimento di Italiano molto piccolo), sono riuscita finalmente ad ottenere un posto non retribuito e part-time come assistant lecturer all’università. Aiutavo i ragazzi a preparare le letture e la grammatica.

Poi in seguito ho fatto la student ambassador, una figura presente nelle università inglesi che si occupa di organizzare degli eventi nel dipartimento di lingue e funge un po’ da mediatore tra gli studenti e l’università. Poi, ho fatto la language advisor al media centre dell’università in cui offrivo assistenza linguistica di vario tipo (dall’inglese, all’italiano, ai language software, ecc…) agli studenti.

A poco a poco, mi sono resa conto che volevo provare altre strade, e quindi ho deciso di prendermi una pausa per riflettere. Sono così tornata a Lecce per un anno e mezzo, dove ho lavorato in ufficio turistico e come interprete, con contratto full-time.

Ho capito presto però che in Italia la situazione non era delle migliori e in realtà sentivo che avevo lasciato le cose a metà in UK, volevo darmi una seconda possibilità e non perdere l’opportunità di realizzarmi in questo Paese.

Quando sono tornata, ho deciso di riprendere il PhD part-time e ho iniziato a insegnare italiano nelle scuole, due primary e un college. Questa esperienza ha rappresentato una svolta. Il rapporto con gli studenti mi ha fatto capire che era quello che volevo fare. Mi sono sentita molto appagata quando alcuni di loro, che avevano studiato italiano con me al college, hanno poi deciso di farlo anche all’università. In quel momento ho veramente capito che era quella la mia strada e ho intrapreso il PGCE, l’anno più duro della mia vita, come fare il militare, solo che almeno al militare la notte dormi! E’ molto impegnativo, consiglio a tutti di pensarci bene prima di farlo, anche perché servono almeno altre due lingue oltre l’italiano, che viene scelto sempre dopo lo spagnolo e il francese. Però sono molto contenta di averlo fatto.

Come ti sentivi appena arrivato e come ti senti adesso? Quando sono arrivata nel Regno Unito la seconda volta (non conto l’Erasmus perchè chi l’ha fatto sa che è un’esperienza a sè) non conoscevo nessuno e quindi non avevo nessun appoggio, ho dovuto rimboccarmi le maniche.

Non è stato facile adattarsi alla vita inglese, soprattutto perché trovavo difficile relazionarmi con le persone di qui. Sono arrivata a 26 anni e non avevo quella voglia di ‘vita mondana’ che magari si ha appena usciti di casa a 19 anni. Inoltre, non ho mai voluto fare la vita ‘dell’italiana tra gli italiani’ e devo dire che anche il clima ha influito.

Quindi i primi due anni sono stati piuttosto difficili, ma piano piano è andata sempre meglio. Non nascondo che ogni tanto ci sono dei momenti in cui mi manca il mio Paese, principalmente mi mancano la mia famiglia e gli amici che ho lasciato in Italia. Probabilmente un giorno sentirò la necessità di tornare e magari di insegnare inglese in Italia. A Manchester per ora mi sento ‘fulfilled’ e sento che questa adesso è la mia città, dove ho deciso di vivere e di ricostruire la mia vita.

Quali sono gli aspetti positivi e i punti di forza del Regno Unito, che ti hanno fatto capire che era la scelta giusta per te? Questo è un Paese che di certo offre più opportunità. Non dico che chi arriva qui ‘trova l’America’, perché non è così immediato trovare il lavoro dei proprio sogni. Però i lavoratori vengono trattati più onestamente, se fai il cameriere vieni pagato per quanto lavori e non come in Italia dove prendi 30 euro per 8 ore di lavoro.

Un’altra cosa positiva è che esistono le possibilità di fare carriera all’interno di ogni settore. Se ad esempio inizi in un negozio di abbigliamento come piegatrice di vestiti, dopo un paio d’anni puoi anche diventare manager di un dipartimento e via dicendo. Sono gli inglesi stessi che spingono alla realizzazione personale e al miglioramento. E poi la meritocrazia esiste, diciamo pure che non bisogna votare nessun politico per trovare lavoro!

Qualche consiglio agli italiani che sono in partenza e cercano lavoro nel Regno Unito? Cosa credi non possa mancare nella ricerca lavoro?Sicuramente serve un buon curriculum, scritto bene, in un buon formato, non esiste il formato europeo! Consiglio anche di farsi aiutare da esperti del campo, perché è davvero importante. Inoltre, quando cercate lavoro se lo fate dall’Italia, non mettere un indirizzo italiano, perché le chance di essere invitati ad un colloquio aumentano se si vive già qui.

Poi ovviamente è necessario un livello di inglese almeno intermedio, oggi ci sono tantissimi mezzi per migliorare la lingua, per esempio aiutandosi con i video su YouTube. Soprattutto, non bisogna arrivare con il solito stereotipo che ‘il buon inglese’ si parli solo a sud e a Londra.

In più bisogna darsi da fare, arrivare muniti di grande spirito di adattamento e di pazienza soprattutto per l’accommodation, considerati i posti in cui spesso ci si ritrova a vivere all’inizio. E infine bisogna anche avere umiltà nell’accettare di iniziare dal basso e da lavori umili, sapendo però che questo è un Paese che dà una possibilità a tutti. E dà sempre anche una seconda possibilità se si decide di cambiare lavoro e riqualificarsi.

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